il primo timido caldo primaverile, ci suggestiona a tal punto da
immaginare già di fare shopping per il look da spiaggia; a partire
proprio dalla scelta del costume da bagno. E allora, anche gli stilisti
che solitamente non progettano beachwear, iniziano ad inserirlo nelle
loro collezioni primavera-estate come riferimento per la stagione.
A vita bassa, più o meno pudico, retrò, bikini, trikini; la storia del
costume da bagno ci rivela molto dell’evoluzione del senso del
pudore.Ecco 5 cose che dovete sapere.
1) Origini: Agosto 1812. La regina d’Olanda,
Ortensia di Beauharnais, siede completamente vestita sulla spiaggia che
si apre sul Mare del Nord, aspettando di immergersi per il primo bagno
al mare. Il suo completo di lana, composto da tunica e pantaloni fino ai
piedi, non lascia intravedere alcuna forma del corpo. Nel 1824,
Carolina di Berry, moglie di Carlo Ferdinando di Borbone, indossa per la
prima volta nella storia, un vestito creato per entrare in acqua. La
mise, non era poi così diversa dalla nobile d’Olanda, infatti, l’abito
era in panno pesante e ad esso si aggiungevano cappello, guanti, calze
di lana e scarpe di vernice. I motivi erano due: nessun occhio
indiscreto doveva anche solo immaginare le forme dai vestiti bagnati che
diventavano trasparenti e la pelle, doveva proteggersi dal sole per
garantire il colorito lunare che distingueva i nobili dalla plebe. Solo
intorno al 1890, per la necessità di muoversi con disinvoltura tra
sabbia e mare, le donne accorciarono gonne e pantaloni al ginocchio,
togliendo sottovesti e corsetti, con l’aggiunta del colletto alla
marinara. Nel 1904, Paul Poiret, celebre sarto parigino, decreta la fine
di busti e corsetti, apportando una vera e propria rivoluzione:
accorciare, diminuire, scoprire. Nel 1920 Coco Chanel palesa la sua
approvazione per l’abbronzatura, scoprendo le braccia alla sua donna e
vestendola con il pantaloncino corto sopra al ginocchio e una scollatura
decisa. Nello stesso anno, in America, fu inventato il primo costume in
maglina elasticizzata, chiamato “modello sirenetta”, con ampie
scollature sulla schiena.
2) Bikini mon amour: il 2 Luglio 1946, gli americani
sperimentarono le bombe all’idrogeno, facendole esplodere su un atollo
della Micronesia: Bikini. Il 5 Luglio a Parigi un sarto francese di
nome Louis Réard, lancia “una bomba” sulle usanze dell’epoca: un due
pezzi chiamato appunto “bikini”. Tuttavia, c’è chi, molto prima di lui,
aveva pensato alla donna con il due pezzi. Infatti, a Piazza Armerina in
Sicilia esiste un mosaico romano, che risale al III sec. d. C. ,
raffigurante una dozzina di donne che giocano, abbigliate con indumenti
che ricordano il moderno bikini: fasce o bende a due pezzi senza
spalline. Questo fatto potrebbe forse togliere un po’ di significato ai
decantati sessantacinque anni di storia del bikini celebrati lo scorso 5
Luglio. Ciò che però sappiamo, è che Louise Réard, creò non poco
scompiglio. Nessuna modella formosa volle sfilare con le forme ben in
vista, perciò fu costretto a far indossare il bikini a Micheline
Bernardini, una ballerina/spogliarellista del Casinò. Nel 1947 le
concorrenti di “Miss Italia” sfilarono indossando il bikini e di lì a
poco tutte le donne dello spettacolo si susseguirono per la scelta del
due pezzi mozzafiato, intendendolo come strumento di seduzione. Nel
1953 Brigitte Bardot, appare sulla spiaggia di Cannes con il costume due
pezzi: reggiseno a balconcino e due triangoli come mutandina. Sempre in
quell’anno, Louise Réard inventò “il reggiseno disco volante”: assente
di spalline, e la mutanda a guaina che mostrava le natiche. Nel 1956
Marisa Allasio, nel film “Poveri ma belli”, indossò il bikini più
succinto fino a quegli anni mai visto. Il suo due pezzi, sconvolse
completamente i custodi della pubblica morale, tanto che furono varate
delle misure che si distinguevano da regione a regione. I carabinieri in
spiaggia, muniti di centimetro, controllavano le donne in bikini. Anita
Ekberg nel 1956 a Ostia, rischiò di essere multata per oltraggio al
pudore. Solo negli anni 60 il bikini fu accettato dalla morale comune,
grazie a Margaret d’Inghilterra, sorella dell’attuale regina, che si
fece fotografare a Porto Cervo con il due pezzi. Da allora iniziò la
diffusione del bikini in tutto il mondo. Una “corsa alle forbici” che
piacque tanto alle femministe del 68, tanto che venne lanciata la moda
del monokini o meglio del topless: la pioniera fu Laura Antonelli, che
di lì a poco divenne l’icona del cinema erotico all’italiana. Oggi il
bikini guadagna un posto speciale anche nelle collezioni di maison di
moda come Laura Biagiotti, che lo propone in rosso corallo in filo e
slip alto in vita; Blumarine che crea una versione luxury del due pezzi,
con paillettes giganti. I fratelli Tardito per Kristina Ti, disegnano
un due pezzi con top a fascia e slip vita bassa, in grigio stone con
stampa floreale in bianco. La nota azienda di beachwear, Pin Up Stars,
firma un bikini in perfetto stile anni cinquanta con slip a vita alta e
stampa optical, per un look da spiaggia da vera vamp. Tra le più famose
maison di underwear e beachwear, ecco La Perla, che,
in collaborazione con Jean Paul Gaultier, per la p/e 2012 reinterpreta
il bikini come seconda pelle: bandeau bikini d’ispirazione bondage e un
due pezzi drappeggiato. Rielaborazioni stravaganti di bikini, compaiono
nel video di Katy Perry, che nell’atmosfera surreale di
“California Gurls”, insieme alle ballerine, indossa il due pezzi creato
dal suo stilista Johnny Wujek: slip coperto dallo shorts a vita bassa e
reggiseno con coppe a forma di cupcakes, con tanto di ciliegina.
3) Erotic tanga: nel 1972, sulla spiaggia di Ipanema
a Rio de Janeiro, Rose Di Primo, italo brasiliana, per farsi notare in
una festa in spiaggia, modificò la mutanda del suo bikini inventando il
tanga. Quest’evoluzione del bikini destò non poco scompiglio. Si narra,
infatti, che la signora Di Primo, sconvolta da tanto scalpore, fu
cacciata dalla famiglia e si rinchiuse in convento. Passata la tempesta,
le brasiliane iniziarono a indossare in massa il tanga, che metteva in
risalto le rotondità e le immagini arrivarono fino in Italia,
richiamando così un flusso turistico di uomini nostrani verso le spiagge
del Brasile. Ma il gioco della seduzione non vuole limiti, per cui il
tanga, dal beachwear si trasferisce alla lingerie con un giro di
svariati miliardi di dollari. Nel 1981, infatti, Frederick Mellinger
che, con il suo marchio californiano Frederick’s of Hollywood aveva
lanciato nel 1948 il reggiseno push-up, propone il tanga come capo
intimo. Oggi, in America, il tanga è molto contemplato dalle star del
red carpet, mentre in Europa, fatica a conquistarsi una fetta di mercato
consistente.
4) Trikini e Fatkini: l’evoluzione del costume da
bagno, non conosce limiti. Un ibrido tra l’intero e il bikini, il
trikini conquista le passerelle e le spiagge in men che non si dica.
Perfetto sia per l’evening sia per party in spiaggia; il trikini è ormai
da qualche anno il capo cult delle passerelle e soprattutto delle
collezioni di aziende che producono beachwear. Vincente per sensualità e
stile, è molto apprezzato da pop star come Jennifer Lopez e Christina
Aguilera, che lo indossano con disinvoltura nei loro live e lo sdoganano
dal beachwear. Il designer tedesco Philipp Plein, inserisce, nella sua
collezione beachwear 2012, un trikini nero a trapezio, in tessuto
tecnico stretch, con decorazioni floreali in cristalli Swarovski e
perline. Dsquared2, sulla passerella della p/e 2012, fa sfilare la sua
donna in trikini verde military, con piccoli ricami a goccia su tutta la
lunghezza e lo abbina ad una mise non proprio da spiaggia: boots, borsa
con lunghe frange, la kefia palestinese e la bandiera americana come
sciarpe. Frankie Morello, porta in passerella sia un trikini che scopre
l’ombelico, con stampe optical dedicate ai monumenti di città italiane
come Milano e Roma sia un trikini rosa confetto con fasce intrecciate,
lacci neri di corda laterali e top a fascia incrociato sul seno. Il
trikini, ormai sembra essere approdato negli armadi di molte donne, ma,
com’è ben noto, tutte, o quasi, le tendenze producono poi effetti a
lungo raggio. E’ il caso del fatkini. Un nuovo fenomeno che impazza sul
web e raduna tutte le ragazze particolarmente paffute che vogliono
indossare il bikini. In realtà però, il fatkini, non è un bikini pensato
per donne paffute, bensì è il termine con cui loro si definiscono
quando indossano un due pezzi. Niente costumi interi e parei: le ragazze
fatkini scelgono il loro due pezzi preferito, lo indossano con fierezza
e condividono le loro foto sul web. Basta fare un giro su Tumblr per
vedere il risultato.
5) Il costume intero: e se il fenomeno delle ragazze
fatkini, sembra avere i connotati di una vera ribellione al mainstream,
non si può dire la stessa cosa delle passerelle di alcuni importanti
brand di moda. E’ il caso di Prada, che per la p/e 2012, celebra l’idea
di una donna che riscopre la dolcezza e nega l’aggressività:
l’ispirazione arriva dagli anni cinquanta e Miuccia riporta in auge il
costume intero lavorato con sagomature e ricami, utilizzato anche come
body da abbinare a gonne in plissé soleil. Anche brand come Moschino e
Laura Biagiotti portano in passerella la raffinatezza: il primo, firma
un costume intero da cocktail, con ricami e ripresa sotto il seno; il
secondo lo propone con lavorazione in filo effetto trecce e scollo con
piccole conchiglie. Strizza l’occhio ai costumi da bagno degli anni 60,
Esther Williams che crea dei veri e propri remake con fantasie a fiori
pixelati e pois bianchi su fondo rosso. Con il ritorno dello stile
retrò, il costume intero diventa il nuovo must have di questa estate
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